INTERVISTA A NORBERTO SPINA

di Vera Canevazzi e Caterina Frulloni
 
 
1) Dove vivi, dove hai vissuto e dove vorresti vivere?
A parte una parentesi di un anno a Barcellona ho passato gli ultimi 20 anni della mia vita a Milano. Attualmente vivo e lavoro in zona San Siro, quartiere a cui devo molte delle mie influenze artistiche. Mi trovo bene qui a Milano, sia lavorativamente che umanamente, nel mio immediato futuro mi trasferirò però a Londra dove ho ricevuto una borsa di studio alla Royal Accademy. Una volta finiti i tre anni lì a Londra vi saprò dire meglio dove mi vedrò nel mio futuro.
 
2) Quale è secondo te l’opera d’arte più significativa degli ultimi 20 anni e perché?
Tante opere mi hanno lasciato senza fiato e mi hanno influenzato profondamente, ad ogni modo mi risulta davvero difficile indicarne una superiore a tutte le altre. Non so nemmeno se ho davvero un’artista preferito in questo momento.
 
3) Quali sono secondo te i tre artisti emergenti attualmente più interessanti?
Rimanendo in Italia vi consiglio: il duo Stefano Comensoli e Nicolò Colciago nell’area milanese, Il collettivo DAMP di Napoli e Raffaele Vitto dalla Puglia.
 
4) Quali sono i tuoi testi critici di riferimento?
Tra quarantena e lockdown vari ho avuto modo di leggermi praticamente tutti i testi pubblicati di Nicolas Bourriaud di cui consiglio vivamente la lettura a chi volesse approfondire meglio la traiettoria attuale dell’arte contemporanea. Anche “scolpire il tempo” di Tarkovskij mi ha colpito profondamente per la sincerità delle sue parole riguardo ai suoi ideali artistici e per la sua profonda coerenza.
 
5) Dove e come lavori? Hai bisogno di determinate condizioni per entrare nel processo creativo?
La mia pratica artistica è molto legata al luogo in cui li trovo: sia come influenze visive vissute nella quotidianità, sia banalmente sul piano dello spazio che ho a disposizione per operare. Amo lavorare in grande formato e il fatto di essermi trasferito in uno studio più grande mi ha permesso di potermi esprimere molto più liberamente. Amo lavorare accompagnato dalla musica come sottofondo, possibilmente ad alto volume.
 
6) Lavori in maniera istintiva o progetti preventivamente le tue opere?
Cerco di progettare il più possibile i miei lavori ma al contempo di lasciare uno spazio per far “respirare” la materia pittorica. Penso che, se opportunamente ponderata, la casualità di alcuni gesti possa avere un fascino e una potenza difficilmente raggiungibile in modo intenzionale.
 
7) Che ruolo ha l’invisibile nella tua produzione?
Direi minimo, la mia ricerca verte più attorno al visibile, al dato concreto, a tutte le tracce di umanità e di abbandono che mi circondano. Nel visibile per me c’è già un universo immenso di spunti a cui attingere e di problematiche su cui è fondamentale continuare ad interrogarsi, come artisti e come persone.