INTERVISTA AD ALESSANDRA ZORZI

di Vera Canevazzi e Caterina Frulloni
 
 
1) Dove vivi, dove hai vissuto e dove vorresti vivere?
Sono nata  nella provincia profonda ipocrita e bigotta (nella città di Signore & Signori per intenderci), e me la sono squagliata appena ho potuto. Sto a Milano e non starei in nessun’altra città al mondo, tranne forse New York, se la mia comprensione dell’inglese parlato fosse migliore (Il che, con mio grande rammarico, non è).
 
2) Quale è secondo te l’opera d’arte più significativa degli ultimi 20 anni e perché?
Le opere che elenco sono unicamente indicative:
– Maurizio Cattelan, “America” 
– Marina Abramovic, “The artist is present”
– Giuseppe Penone, “Matrice”
ma di questi artisti mi piace praticamente tutto, e per accedere ai significati di un’opera, ma soprattutto al pensiero intimo di un artista è necessario prendere in considerazione più di un lavoro. Quel che trovo in loro è soprattutto sincerità, ma anche la capacità di comunicare ad un livello ‘alto’, simbolico, forse novecentesco, comunque in grado di esprimere idee forti e appassionate.
 
3) Cosa ne pensi delle nuove tecnologie applicate all’arte?
Per quanto riguarda le tecnologie le trovo utili e interessanti e ritengo che sia normale che vengano utilizzate nel nostro tempo in quanto particolarmente adatte ad esprimere lo Zeitgeist. Il rischio che si può correre, in arte come in architettura è la banalità: l’eccesso di ‘finito’ che trasmettono può indurre a sviluppare poco un’idea. Penso sia sempre meglio partire dalla ‘mano’, dallo schizzo e dal disegno.
 
4) Quali sono i tuoi testi critici di riferimento?
I miei testi di riferimento sono in particolar modo quelli di Longhi, Agosti, Argan, Zeri, Bonami, Bonito Oliva, Corgnati. Ma naturalmente poi oggi l’informazione è molto più diffusa e si leggono testi e riviste interdisciplinari. 
 
5) Chi sono i tuoi tre principali artisti di riferimento?
I tre artisti che amo maggiormente e che sento più affini sono quattro 🙂  Bosch, Goya, Klee, Bourgeois.
 
6) Ascolti musica quando dipingi?
In genere no. Non ho un rapporto facile con la musica. Talvolta  musica classica, Mozart, Cimarosa, cose del genere, abbastanza vivaci. Ma amo il silenzio mentre dipingo, oppure, nelle fasi ripetitive del lavoro, la compagnia della radio.
 
7) Dove e come lavori? Hai bisogno di determinate condizioni per entrare nel processo creativo?
Lavoro nel mio studio quando dipingo, a casa quando disegno. Mentre lavoro ho bisogno di tranquillità e solitudine, come molti, immagino.
 
8) Se sbagli un’opera la tieni o la butti?
Dipende: se ci ho lavorato molto, in genere la tengo per un po’, provo delle modifiche, poi, se la considero irrimediabile, la butto. Altrimenti la scarto subito senza rimpianti.
 
9) Esegui opere d’arte su commissione?
Non ho nessun pregiudizio sulle opere su commissione.
 
10) Che cosa è per te l’immaginazione?
L’immaginario di ciascuno è legato alle proprie esperienze, alla propria cultura, a partire dalle letture e dalle immagini dell’infanzia, e alla propria visione della società: all’intimo e contemporaneamente al mondo esterno. Penso che tutto ciò determini in parte anche le modalità espressive.
 
11) Cosa è per te l’invisibile?
L’invisibile è ciò che non esiste. Naturalmente anche le idee, le opinioni e le emozioni sono invisibili, ma è l’unico tipo di invisibilità che mi sembra ammissibile.