CROMOBLOCK 

di Ilaria Bignotti

Cromoblock è il nuovo progetto dell’artista Riccardo Ten Colombo: su tavole magnetiche, triangoli equilateri e triangoli rettangoli in ferro verniciato con colori industriali si dispongono secondo un preciso disegno ideato dall’artista, a formare composizioni di cubi e parallelepipedi che si stagliano e pare fuoriescano dal fondo nero, grazie alla illusione tridimensionale che il loro assemblage restituisce allo sguardo.

Una potenza plastica ed una energia dinamica, unite a una notevole politezza formale, rendono questi lavori magnetici anche per lo sguardo che viene attratto all’interno del campo generatore di forme, e al contempo chiamato ad analizzarne il processo compositivo. Ma la seduzione visuale attira il riguardante per invitarlo ad un intervento a sua volta generativo: gli elementi compositivi possono essere scomposti e rimodulati sulla tavola che li attira e compone. La percezione e l’esperienza visuali chiedono una reazione interattiva allo spettatore, chiamato a fruire l’opera dinamicamente e liberamente.

Cosa accadrà?
Neppure l’artista può saperlo: l’opera, messa al mondo dalla sua capacità ideativa e costruttiva, può essere ogni volta trasformata, rimessa al mondo da chi la possiede. Progetto e caso, libertà e regola, manualità e tecnologie – Riccardo Ten Colombo studia da 4 anni questo progetto e ha creato un piccolo laboratorio di verniciatura nel proprio studio per poterne seguire le fasi di realizzazione, garantendo così all’opera un indiscusso valore artigianale di elevata qualità e autorialità comprovata – sono gli elementi dinamici e gli opposti che si riuniscono in questo progetto. Che ci riporta a una dimensione, anzitutto, di possibilità ludica: in un certo senso, quel fondo nero è uno schermo tra passato e presente, un luogo germinale dal quale, come dalla nostra memoria, possiamo rievocare ancora i ricordi di quando, sdraiati su un tappeto, componevamo forme e immaginavamo mondi.
Un messaggio di altissimo valore, soprattutto oggi, in un momento in cui le speranze progettuali devono essere tenute in costante allerta, per immaginare nuovi modi di costruire e vivere l’ambiente e la relazione con sé e con l’altro.
In questa direzione, oltre che per l’inevitabile rimando formale, Riccardo Ten Colombo si pone quale giovane artista italiano che cammina lungo un percorso tracciato dalle correnti storiche di ascendenza astratto-costruttivista: come non sentire, in questo accorto uso dei colori che sono così presenti in tutta l’indagine di Colombo, e vieppiù in questo progetto sin dal titolo, un’eco dei canti dei colori nelle forme di Kandinskij, quando all’inizio del XX secolo chiedeva agli artisti di ascoltare il proprio tempo e di farlo risuonare in una ricerca capace di elevarsi spiritualmente?

Tra la Russia e la Germania, le sue teorie furono tra gli insegnamenti di quella “casa del costruire”, la Bauhaus, dove si voleva dire a tutti che l’arte è uno strumento di costruzione sociale, un modo concreto per immaginare e fare un nuovo mondo, democratico, fertile di ingegni e di pace. Dall’Olanda, i visionari fondatori del Neoplasticismo a colpi di quadrati e triangoli, colori primari e sferzate lineari di nero, componevano opere, oggetti, ambienti; ancora in Russia, riduzione cromatica, sensibilità plastica e una incommensurabile tensione metafisica erano alla base della straordinaria invenzione di Malevich: quadrati, ma anche altre forme, si stagliavano bianchi su fondo nero, neri su fondo bianco. E i colori erano mattoni di un progetto comunitario, quello del Costruttivismo, visionari quanto la torre spiralica della Terza Internazionale.

In Francia, intanto, c’era chi sceglieva di sorvolare i tetti di Parigi, e di scomporre le sue meravigliose architetture in forme esatte e compenetrantesi – Delaunay; poi vi fu chi, dall’Ungheria, a Parigi arrivò con un Manifesto Giallo, a raccontare come l’arte potesse diventare percezione, cinetismo, griglia mutevole di forme e combinazioni – Vasarely.

Ma questa è già l’origine della seconda generazione di artisti che del rapporto tra astrazione, geometria, colore, scienza della visione e nuove tecnologie fecero un progetto sociale, internazionale, etico, prima ancora che estetico: le neo-avanguardie programmate e cinetiche degli anni Sessanta sono tutte presenti nell’opera di Riccardo Ten Colombo. Nei suoi Cromoblock ritroviamo i giochi serissimi di Munari e di Mari, gli spazi pulsanti e mutevoli di Colombo, le combinazioni magnetiche di Varisco, ma anche, Oltralpe, le cristalline fantasie di Max Bill, e le coraggiose visioni di Ivan Picelj e Vjenceslav Richter, fondatori a Zagabria di quel movimento internazionale che si chiamò Nuove tendenze. Riccardo Ten Colombo è figlio del suo tempo, però: si porta una lunga storia dell’arte non sulle spalle, ma nel cuore; vuole che la sua opera possa essere di tutti: per questo la lascia campo aperto alla scoperta e alla trasformazione. E d’altra parte sa, anche, che l’opera d’arte è un valore: per questo crea dei pezzi unici, che potranno essere sì scomposti e trasformati da chi li possiede, in infinite variazioni. Ma, attraverso il documento di autenticazione che accompagna ogni opera, questa potrà tornare ad essere, se il suo proprietario vorrà cimentarsi, originaria immagine pensata dall’artista. Arricchita dal gesto creativo di ciascuno di noi. Un’opera in mutamento, un’opera eterna.