INTERVISTA A GIOVANNI ROSSI

di Vera Canevazzi e Caterina Frulloni
 
 

 

1)  Dove vivi, dove hai vissuto e dove vorresti vivere? 
Brescia, Brescia, Brescia! Sono nato in un piccolo quartiere del comune di Brescia. Mi sento profondamente legato alla mia città, amo conoscere e scoprire la sua storia. Qui c’è la mia ricchezza più grande, il mio patrimonio relazionale, indispensabile per un artista, capace di essere nutrimento e sostegno per il mio lavoro e la mia vita. Per questo motivo, almeno per il momento, non vorrei e non mi vedo lontano da casa. Ma rimaniamo sempre aperti al domani. 
 
2) Qual  è  secondo te l’opera d’arte più significativa degli ultimi 20 anni e perché? 
Nonostante non riesca molto ad apprezzare l’Arte Digitale credo che l’opera dell’arista Beeple “Everydays – The First 5000 days” battuta all’asta da Christie’s l’11 di marzo abbia rappresentato l’inizio di una nuova era per il mondo e il mercato dell’arte, mostrando le potenzialità di un diverso linguaggio visivo. 
 
3) Quali sono secondo te i tre artisti emergenti attualmente più interessanti? 
Oltre a me giusto? Scherzo! Trovo interessante il lavoro di Manuel Fois, la sua capacità di conferire una forma a un elemento invisibile il suono. Apprezzo molto le opere di Clarissa Baldassarri, anche lei in alcuni dei suoi lavori tenta di indagare la dimensione della spiritualità. Totalmente diverso, ma molto inteso è  il lavoro pittorico di Alan Silvestri conosciuto durante il Degree Show a Palazzo Monti. 
 
4) Quali sono i tuoi testi critici di riferimento? 
I libri che mi accompagnano nel mio lavoro alla ricerca di un nuovo dialogo tra il linguaggio contemporaneo e la dimensione del spiritualità sono sicuramente: Sacro Contemporaneo di Michela Beatrice Ferri, le numerose pubblicazioni di Padre Andrea Dall’Asta come Eclissi. Oltre il divorzio tra arte e Chiesa e i libri di Don Giuliano Zanchi Un amore inquieto. Potere delle immagini e storia cristiana. Anche la poesia come quelle di Montale, Emily Dickinson e Cesare Viviani accompagnano la creazione di molti miei lavori. 
 
5) Dove e come lavori? Hai bisogno di determinate condizioni per entrare nel processo creativo? 
Lavoro nel mio studio che si trova in casa di mia nonna. Utilizzo due stanze: una l’ho predisposta come spazio espositivo l’altra invece come vero e proprio luogo creativo. L’unica condizione necessaria per lavora è una.. sapere cosa fare. Se non ho idee piuttosto non vado in studio, ma mi lascio provocare dalla bellezza che posso incontrare durante una passeggiata in città, nella preghiera o durante una messa, in un negozio di giocattoli o mentre guardo un film. Credo che per un artista questi momenti così apparentemente lontani dall’arte e dal “fare” artistico siano in realtà quelli più fecondi per la sua produzione. Molto spesso ascolto musica, adoro i classici della musica italiana. Il Blu dipinto di Blu non può mancare nella mia playlist. 
 
6) Lavori in maniera istintiva o progetti preventivamente le tue opere? 
Non progetto mai i miei lavori. Solitamente non disegno nemmeno, anzi se devo essere sincero non sopporto disegnare. Lascio che Qualcosa possa richiamare la mia attenzione: una parola, un’immagine, l’opera di un altro artista. Dopodiché permetto all’idea di trovare un suo spazio per diventare visibile e tangibile attraverso la materia e il medium scelto. 
 
7) Che ruolo ha l’invisibile nella tua produzione? 
Vorrei rispondere a questa domanda con dei versi di Montale: «Io sono amico dell’invisibile / e non faccio conto / che di ciò che si fa sentire e non si mostra, / e non credo e non posso credere / a tutto quello che si tocca / e che si vede».